Il Karate (空手 “mano vuota”?) è un’arte marziale nata in Giappone, precisamente nelle isole Okinawa. Fu sviluppato dai metodi di combattimento indigeni chiamati te (手? lett. “mano”) e dal kenpō cinese.[1][2][3] Prevede la difesa a mani nude, senza l’ausilio di armi, anche se la pratica del Kobudo di Okinawa, che prevede l’uso delle armi tradizionali (Bo, Tonfa, Sai, Nunchaku, Kama), è strettamente collegata alla pratica del karate. Attualmente viene praticato in versione sportiva (privato della sua componente marziale e finalizzato ai risultati competitivi tipici dell’agonismo occidentale) e in versione arte marziale tradizionale per difesa personale. Nel passato era studiato e praticato solo da uomini, ma col passare dei secoli anche le donne si sono avvicinate a questa disciplina.
Il karate fu sviluppato nel Regno delle Ryūkyū prima della sua annessione al Giappone nel XIX secolo. Fu portato sulle isole giapponesi durante il periodo degli scambi culturali fra i nipponici e gli abitanti delle Ryukyu. Nel 1922 il Ministero dell’Educazione Giapponese invitò Gichin Funakoshi a Tokyo per una dimostrazione di karate: la National Athletic Exhibition[4]. Nel 1924 l’Università Keio istituì in Giappone il primo club universitario di karate, e nel 1932 tutte le maggiori università avevano i loro club.[5] In un’epoca di crescente militarismo giapponese,[6] il nome fu modificato da mano cinese (唐手?) tong te a mano vuota (空手?) kara te, sia a indicare che i nipponici svilupparono una forma di combattimento originale, sia a indicare che si trattava di un metodo di combattimento a mani nude.[7] Dopo la seconda guerra mondiale Okinawa divenne un importante sito militare statunitense, e il karate divenne popolare tra i soldati stanziati sulle isole.[8]